lunedì 8 marzo 2010

L’unico “successo” di stellato nella veste di consigliere regionale, quindi, può essere considerata la sindacatura targata Giudicianni.

In tempi di crisi economica, il buon senso imporrebbe anche ai politici e presunti tali di contenere le spese della campagna elettorale. E questo, tra l’altro, è l’input che dalla Città Eterna alla periferia del Paese viene trasmesso dalle varie segreterie nazionali giustamente preoccupate che i propri candidati ostentino un tenore di vita in netto contrastato con la povertà diffusa. Evidentemente, questa sollecitazione non deve essere giunta al candidato presidente della Provincia Giuseppe Stellato. Oppure, come mi sembra più probabile, costui ha fatto orecchie da mercante e ha preferito ingaggiare nientepopodimenoche Claudio Velardi, uno dei più conosciuti spin doctor italiani che deve la maggior parte della sua fortuna al filo diretto che lo legava a Massimo D’Alema. Ora, che Velardi sia un signor professionista nel suo campo è fuori discussione: tanto è vero che è stato chiamato anche dalla Polverini a dirigere la campagna mediatica elettorale nel Lazio. Detto questo, è altrettanto vero che Velardi è costosissimo e che chi vuole assicurarsi i suoi servigi deve disporre di un nutrito carnet degli assegni. Il problema, dunque, non è Velardi in quanto tale ma l’ennesimo schiaffo in faccia alla miseria che Stellato- uomo sicuramente facoltoso- ha dato all’intera Provincia e soprattutto alla sua Santa Maria Capua Vetere dove non sempre ci si può imbattere in chi riesce a mettere assieme il pranzo con la cena. E dove- negli ultimi tre lustri- sono stati persi oltre novemila posti di lavoro tra ex Finmek access, Ex Tabacchificio; per non parlare, poi, della chiusura di una miriade di attività artigianali e commerciali. Meglio, dunque, avrebbe fatto lo stesso consigliere democratico uscente a spiegare alla città cosa ha combinato di tanto buono da meritarsi la nomination per lo scranno più alto di Corso Trieste. Ma qui casca l’asino: Velardi o non Velardi, Stellato ha enorme difficoltà a magnificare i suoi successi regionali per un semplice ma incontrovertibile motivo: non ne ha. Intendiamoci bene, non sarebbe corretto imputare al penalista lo sfacelo amministrativo campano di matrice bassoliniana. Detto questo, l’interrogativo si pone con forza: che ha fatto per l’antica Capua il candidato presidente del Pd in quattro anni e rotti di permanenza a Palazzo Santa Lucia? Nulla, assolutamente nulla tranne ora inondare di comunicati stampa le redazioni dei giornali. Eppure poteva fare molto. Si prendano, giusto per fare un esempio calzante, le aree industriali cittadine dimesse o in fase di dismissione. Ebbene, ci voleva una mente geniale per riutilizzarle- magari tramite bandi regionali ed europei- come contenitori di piccole e medie industrie? Tra l’altro, se il Comune di Santa Maria Capua Vetere (retto dal sindaco Giudicianni di cui Stellato fu mentore e principale sponsor politico) con la collaborazione della Regione avesse salvaguardato le aree in questione, magari accendendo mutui per reimpossessarsene, probabilmente aziende e società, sgravate dal costo dei terreni, avrebbero fatto a gara per ubicare in quelle zone le proprie attività. E, in questo modo, avrebbero potuto rimettere in moto la stagnante economia locale e provinciale, “approfittando” anche dei capannoni e delle strutture già presenti nelle aree dimesse e che andavano, semplicemente, riammodernate. L’unico “successo” di stellato nella veste di consigliere regionale, quindi, può essere considerata la sindacatura targata Giudicianni. I risultati di quella inopinata scelta sono sotto gli occhi di tutti i sammaritani i quali non voteranno Stellato anche per questo regalo fatto alla nostra nobile cittadina. Anzi- meglio dire- soprattutto per questo motivo non voteranno il professionista forense! Mario Tudisco

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